Il Grande Vetro

Considerate tra le opere più misteriose di Duchamp, il Grande vetro porta sulla sua superficie i segni di una sperimentazione costante. In Questa puntata di Mono, le monografie di Quello di Arte leggeremo insieme il capolavoro di Marcel Duchamp.

Marcel Duchamp, La Sposa messa a nudo dai sui scapoli, anche (il Grande Vetro), 1913
Marcel Duchamp, La Sposa messa a nudo dai sui scapoli, anche (il Grande Vetro), 1913 Vetro, vernice, filo di piombo, colori a olio, argento, polvere, acciaio, sabbia, fogli di alluminio, 277×176×8,6 cm Philadelphia Museum of Art, Philadelphia

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Il grande vetro

Spesso abbiamo parlato qui, su Quello di Arte di Marcel Duchamp per le sue opere, per la sua Fontana, l’orinatoio che firmò (come R. Mutt); e abbiamo raccontato come il modo di fare arte di Duchamp era una critica ironica a un mondo che stava versando sangue nella Seconda Guerra Mondiale. Era il Dada, un movimento artistico al quale, oltre a Marcel Duchamp partecipavano anche Man Ray, Francis Picabia, Hugo Ball, Trista Tzara, Guillame Apollinaire e tanti altri, consumati non solo nel fare arte, ma anche nell’umorismo, nei giochi di parole ma nella ricerca di un modo rivoluzionario di ridefinire l’arte. Tuttavia, anche se ormai li riconosciamo come artisti, loro non si definivano così; però per la stessa potente ironia che li caratterizzava, ormai più di cento anni dopo possiamo essere sicuri di affermare che il Dada è stato uno dei pilastri fondamentali per l’evoluzione l’arte del XX e del XXI secolo.

In tutto questo però, devo dire, ho sempre rinviato il momento in cui raccontare Il Grande Vetro. Un’opera che vi confesso, anche nei miei anni di formazione ho avuto grosse difficoltà a comprendere a pieno. Pertanto voglio ringraziare la prof.ssa Claudia Cardamone per aver richiesto una puntata di Mono, le monografie di quello di Arte, proprio sul Grande Vetro. È arrivato il momento non posso proprio tirarmi indietro.

Duchamp, dopo aver ottenuto un grande successo all’Armory Show di New York del 1913 con il discusso dipinto in stile cubista-orfico Nudo che scende le scale (No. 2) (1912). Afferma che vuole allontanarsi dalla pittura per darsi a un’arte più intellettuale disinteressandosi degli canoni e della tecnica. Ecco che oggi ci stupisce con il Grande Vetro un’opera ironica, che sembra surreale, tutto costituito da materiali non convenzionali.

Si è espresso anche il poeta messicano Octavio Paz riassumendo la ricerca di Duchamp nel “tentativo di sostituire la “pittura-pittura” con la “pittura-idea”.

Anche se in molti lo chiamano Il Grande Vetro il titolo dato dall’artista è 

La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche (Mariée mise à nu par ses célibataires, même), ma il Grande vetro è esattamente quello che è: due grandi lastre di vetro, montate una sopra l’altra e incorniciate come una finestran basculante. Sebbene sia un oggetto piatto e bidimensionale, non può dirsi un dipinto e, proprio perché è trasparente, non ha nemmeno un verso giusto per essere  visto, per inciso, lo si può guardare da entrambi i lati. 

Le figure sono state realizzate con filo, lamina di metallo, colla e vernice. È un capolavoro fatto di materiali che nell’arte non si erano mai visti usati in quel modo; non contento Duchamp ha anche lasciato che la polvere si accumulasse sul vetro mentre l’opera giaceva orizzontale nel suo studio. 

1923. Dopo otto anni Duchamp ha interrotto la sperimentazione sul Grande Vetro. L’artista comunque afferma che non lo considera finito anzi, ha deciso che questo capolavoro doveva rimanere incompiuto.

1927. Il caso determina la sorte del tanto dibattuto grande vetro. mentre il capolavoro era in viaggio verso la casa della collezionista Katherine Dreier da una mostra a Brooklyn. Durante il trasporto il vetro si è incrinato così che sulla superficie sono apparse molte nervature. C’è già chi dice – e Duchamp non lo nega – che la rottura accidentale ha compiuto il lavoro in un modo che nessuno avrebbe mai potuto fare.

Se non fosse per la sua forma inconsueta, il Grande Vetro potrebbe assomigliare al progetto di ingegneria di una macchina allegorica oppure anche una delle strampalate invenzioni di Wile E. Coyote. Duchamp ha iniziato realizzando dipinti e disegni preliminari tra cui il Macina Cioccolato (n. 2) (1914). Ha anche accumulato un’impressionante raccolta di note criptiche che ha riunito in La scatola verde (1934), un cofanetto/opera d’arte che ha aiutato non poco a interpretare i significati molteplici dell’opera: dalle frustrazioni dell’amore e del sesso, alla fisica dell’elettromagnetismo e alla quarta dimensione . Per capire come il meccanismo del Grande Vetro funziona gli dobbiamo dare la carica e immaginare i suoi componenti in movimento.

L’azione inizia nell’angolo in alto a sinistra con la “Sposa”, un elemento che ricorda un insetto stecco. Lei si sta spogliando per sedurre per gli “scapoli” rappresentati come nove oggetti vagamente antropomorfi nella porzione in basso a sinistra del vetro che sembrano panni stesi. Tutti gli scapoli pensano che la Sposa sia molto attraente e vorrebbero conquistare il suo affetto, ma il loro luogo di esistenza è in una una zona completamente diversa e non possono provare nemmeno ad avvicinarsi.

Man mano che gli scapoli si eccitano, le loro forme si riempiono di quello che Duchamp chiamava un “gas illuminante”. Questo gas invisibile provoca una “cascata immaginaria” che fa girare il mulino sotto di loro. Quell’azione fa scorere avanti e indietro un meccanismo rettangolare che muove le due aste a forbice e che, a loro volta, mettono in moto le ruote del macina-cioccolato. Mentre il meccanismo consuma il suo movimento, il gas illuminante degli scapoli si accumula nei setacci a forma di cono. 

Il gas illuminante, che rappresenta il desiderio degli Scapoli per la Sposa, si trasforma in liquido e scorre nell’angolo in basso a destra e poi viene spinto attraverso i tre elementi circolari verso una lente d’ingrandimento che proietta il gas in alto nel regno della Sposa. 

L’obiettivo per ogni Scapolo è quello di mettere a segno il suo tiro all’interno di una delle tre finestre quadrate della nuvola che si libra nella parte superiore del vetro. 

Se uno di loro riuscirà a farlo, conquisterà la Sposa e potranno consumare fisicamente il loro amore. 

Un occhio un po’ più attento noterà che sul lato destro del piano della Sposa, ci sono nove piccoli punti che Duchamp ha segnato usando dei fiammiferi intinti nella vernice e sparati sul vetro con una pistola giocattolo. Sfortunatamente, nessuno di quei colpi si è avvicinato al bersaglio. Pertanto, gli Scapoli non possono raggiungere la Sposa e il loro amore per lei rimane insoddisfatto.

Duchamp amava la scienza. Per creare il Grande Vetro, ha sperimentato non solo materiali non convenzionali ma anche le recenti teorie scientifiche come se stesse sperimentando in un laboratorio. 

Oltre al racconto dell’attrazione amorosa e della frustrazione, Duchamp ha stratificato idee e fenomeni scientifici come l’elettromagnetismo e la telegrafia. La Sposa comunica i suoi sentimenti erotici dalla sua lastra di vetro al regno degli Scapoli con onde elettromagnetiche come un segnale radio o un telegrafo senza fili. La forma della sposa riporta anchel’antenna telegrafica in cima alla Torre Eiffel che era fonte di grande interesse popolare ai tempi di Duchamp. Come antenna, può inviare e ricevere messaggi invisibili attraverso lo spazio, purtroppo però gli Scapoli non sono così avanzati per ricevere le sue comunicazioni. Gli scritti di Duchamp rivelano che egli immaginava il regno della Sposa come la misteriosa quarta dimensione dello spazio, un piano superiore a quello degli Scapoli che vivono nel nostro comune mondo tridimensionale. Questo spiega il motivo dei loro problemi di comunicazione e i tentativi falliti di trovare l’amore. 

Nel Grande Vetro, Duchamp ha unito arte, scienza, sesso e amore in un modo assurdamente umoristico. Lascia che le macchine provino ad innamorarsi; immagina la  sposa/insetto/antenna irraggiungibile; sperimenta materiali disparati; accetta la casualità della polvere, dei vetri frantumati e dei segni lasciati casualmente da un cannone giocattolo; il tutto avvolto nelle forze invisibili dal misterioso funzionamento scientifico. Il grande vetro diventa così oggetto incomprensibile ma al tempo stesso meccanismo allegorico dell’universo stesso.

Un’opera dove la trasformazione dei soggetti, dei concetti, delle modalità di fare arte e delle casualità sono una continua costante. Opus eccellente di uno degli ultimi alchimisti dell’umanità.

Concluso il grande vetro – se così si può dire – Duchamp ha affermato nuovamente di voler abbandonare la sua carriera di artista per giocare da professionista a scacchi. Un’ultima battuta però c’è stata e ha sorpreso anche coloro che lo conoscevano bene. Duchamp  ha rivelato alla sua morte, nel 1968, di aver lavorato per venti anni ad una installazione segreta, Étant donnés (1946-66) e si è basato su molti temi, dall’erotismo alla scienza, che aveva già esplorato nel Grande Vetro . 

Ma questa è un’altra storia. 

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