Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento gli artisti hanno portato ad un livello alto l’interpretazione dello spazio proprio con il perfezionamento della prospettiva. C’è un passo ulteriore che fu intuito ma che non venne mai formalizzato con le parole, ed è la connessione tra dello spazio e il tempo, e l’emozione di vivere l’architettura. Oggi parliamo di Bramante.
Bramante nasce a Fermignano nel 1444. Da subito si sposta con la famiglia nella vicina Urbino dove entra in contatto con la bottega di Piero della Francesca. Conoscere Piero significa legarsi all’avanguardia artistica del momento: lo studio della prospettiva. Infatti a Urbino si sta consumando una delle pagine più importanti per lo sviluppo della prospettiva quattrocentesca.
La prospettiva è l’artificio con cui si illude l’osservatore di un quadro che davanti a lui ci sia uno spazio reale. Gli artisti che operano con la prospettiva devono quindi essere molto attenti oltre che al quadro anche alla posizione dell’osservatore.
Santa Maria presso san Satiro
Bramante nel 1478 si trasferisce a Milano, inviato probabilmente da Federico da Montefeltro per seguire i lavori nel palazzo a Porta Ticinese. Col tempo divenne architetto di Ludovico il Moro. Pochi anni dopo il suo arrivo, nel 1482 arrivò in città anche Leonardo da Vinci mandato in ambasciata da Lorenzo il Magnifico. Tutti e due resteranno a Milano fino a 1499 scambiandosi opinioni e teorie sull’arte.
Con Leonardo la discussione è aperta nel campo dell’architettura proprio negli anni in cui Bramante era impegnato nell’ampliamento della chiesa di santa Maria presso san Satiro. Entrambi ragionavano in riguardo a quale fosse stata la forma ideale della chiesa, se deve essere con pianta a croce greca o con pianta a croce latina.



La chiesetta che doveva essere trasformata aveva un problema di non poco conto. Per ottenere un edificio a pianta centrale era necessario allungare l’abside ma non si poteva fare perché si sarebbe dovuto costruire su una strada, via Falcone che passava dietro. Bramante nella difficoltà rivela la sua origine di Urbino. È un artista che si porta l’esperienza della bottega di Piero della Francesca e non potendo sfondare realmente l’abside della chiesa si ingegnò di inventare una finta prospettiva con l’intento di simulare la navata al di là dell’altare, e tutto in meno di un metro di profondità.
Il tempietto di Bramante
La questione di Bramante è proprio sul concetto di spazio e nella sua costruzione, è un’idea che va a plasmare le forme architettoniche tradizionali per inventarne di nuove. A Roma nel progetto del tempietto di san Pietro in Montorio costruisce a suo piacere modulando gli elementi tradizionali dell’architettura.
Per cominciare San Pietro in Montorio nasce dalla fusione di due elementi cilindrici uno in muratura alto e stretto e l’altro colonnato basso e largo. Il tutto coronato da una piccola cupola.
La pianta di questa chiesetta rotonda non è fatta da colonne o pilastri quadrati ma da pilastri compositi, dalla sezione complessa costruita dalla sommatoria di pieni e vuoti. Idealmente Bramante realizza un muro anulare in cui vengono scavate, sia esternamente che internamente, delle nicchie.
Un aspetto interessante del tempietto è che l’edificio sembra volersi irradiare nello spazio circostante attraverso la distribuzione delle colonne e delle paraste che decorano gli spazi.
La distribuzione degli elementi strutturali, questo irraggiamento architettonico, secondo Bramante avrebbe ricordato il luogo in cui San Pietro era stato martirizzato, dove era stato crocifisso, come se da quel luogo si sarebbe diffusa la cristianità e soprattutto la Santa Romana Chiesa
Bramante il meglio della sua produzione la dà a Roma alla alla corte di uno dei papi più importanti nella trasformazione architettonica della città: Giulio II. È il papa che scatenerà l’ira di Martin Lutero perché, nel 1505, due anni dopo essere salito al soglio pontificio, ordina a Bramante di abbattere la San Pietro costruita sotto Costantino e di progettare su di essa una nuova basilica.
San Pietro

Il progetto di San Pietro portò molte ripercussioni negli anni a venire ma nell’immediato Bramante, per aver buttato giù l’antica basilica, si prese il soprannome di ruinante. Il progetto però è estremamente innovativo. Ripropone la progettazione per pieni e per vuoti del tempietto ma aggiunge una nuova organizzazione dello spazio che si scandisce a ritmo regolare nei pilastri che sostengono il tetto della navata e poi raddoppia le distanze, rallenta la cadenza, sotto l’invaso della cupola, creando un ambiente dilatato nel fulcro della chiesa.
Dilata lo spazio cambiando il ritmo dell’architettura. Un modulo che aveva una unità di misura si raddoppia per evidenziare la solennità dello spazio dell’altare, sul presbiterio.
In San Pietro c’è un modo di interpretare l’architettura ben diverso dalla modularità rinascimentale – come il modulo brunelleschiano – che si rispettava indifferente in tutta la navata. Per Bramante lo spazio diventa liquido e la sua progettazione è finalizzata allo spettatore, prendendosi la licenza dalla regola per plasmare l’architettura intorno alle persone, che lui sapeva, ne erano parte integrante.
Articolo e podcast realizzati da Michelangelo Mammoliti
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Bibliografia
- Luciano Patetta, Bramante architetto e pittore