Antonio Canova, Autoritratto, 1812 c.ca

Il metodo canoviano

L’umanesimo rinascimentale trova la sua esasperazione nell’illuminismo e nel pensiero positivista della fine del ‘settecento e per i primi vent’anno del XIX secolo. Ciò che era iniziato timidamente con una ripresa dell’identità e della centralità dell’uomo rispetto al divino, diventa nel periodo dei lumi l’estromissione di tutto quello che non appartiene al principio di realtà. Nasce un pensiero scientifico che analizza tutto quello che si può dimostrare con i cinque sensi.

L’arte assorbe questo pensiero e lo rivela attraverso segnali importanti: i pittori ritornano al disegno come analisi razionale, a volte maniacalmente minuziosa; gli scultori non si abbandonano alle mollezze dell’incompiuto ma rifiniscono ogni minimo dettaglio di ogni scultura. Niente è lasciato al caso.

In questo rigore che possiamo dire scientifico, Canova sviluppa un metodo di produzione “industriale” diviso in quattro fasi.


1. Bozzetto.
Prima di tutto il bozzetto. Solo un po’ di creta modellata velocemente per capire le forme generali, i volumi e il rapporto della statua con la luce. Sono prove di piccole di dimensioni perché Canova, tenendole in mano le faceva ruotare. Le sue sculture finite erano fatte per essere ammirate da ogni punto di vista.

Antonio Canova, Maddalena Penitente, 1789
Antonio Canova, Maddalena Penitente, 1789 Creta, h.10 cm Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno

2. Ingrandimento in gesso a dimensione reale.
La seconda fase era l’ingrandimento della scultura a dimensione reale ma in gesso. Da solo o con assistenti Canova realizzava la statua a grandezza finita. Una volta ottenuta la statua voluta lo scultore posizionava su dei punti notevoli dei chiodini di bronzo, le repére.

Antonio Canova, Busto della Pace, 1814
Antonio Canova, Busto della Pace, 1814 Gesso e repére, h.53 cm Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno

3. Traduzione del gesso in marmo.
Pronta la statua in gesso e repére Canova delegava il lavoro di sgrosso del marmo e gran parte della finitura agli allievi che, utilizzando la posizione delle repére,  traducevano il gesso in marmo.

Metodo di copia del gesso in marmo.
Metodo di copia del gesso in marmo.

4. Finitura del marmo.
Dopo il lavoro di manovalanza Canova rientrava nell’esecuzione dell’opera portando a finitura ultima la  statua. Dei colpi di maestro dati a scalpello e la lucidatura finale fatta con sabbie abrasive e al termine acqua di rota ovvero l’acqua e la limatura che restava nella mola quando si arrotavano gli scalpelli.

Antonio Canova, Maddalena Penitente, 1789
Antonio Canova, Maddalena Penitente, 1789 Marmo e bronzo dorato, 95x70x77 cm Musei di Strada Nuova – Palazzo Bianco, Genova

Il metodo canoviano raccontato da Francesco Hayez

« Il Canova faceva in creta il suo modello; poi gettatolo in gesso, affidava il blocco a’ suoi giovani studenti perché lo sbozzassero e allora cominciava l’opera del gran maestro. […] Essi portavano le opere del maestro a tal grado di finitezza che sì sarebbero dette terminate: ma dovevano lasciarvi ancora una piccola grossezza di marmo, la quale era poi lavorata da Canova più o meno secondo quello che questo illustre artista credeva dover fare. Lo studio si componeva di molti locali, tutti pieni di modelli e di statue, e qui era permessa a tutti l’entrata. Il Canova aveva una camera appartata, chiusa ai visitatori, nella quale non entravano che coloro che avessero ottenuto uno speciale permesso. Egli indossava una specie di veste da camera, portava sulla testa un berretto di carta: teneva sempre in mano il martello e lo scalpello anche quando riceveva le visite; parlava lavorando, e di tratto interrompeva il lavoro, rivolgendosi alle persone con cui discorreva »

Immagini


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