Allegorie ed effetti del Buono e del Cattivo Governo nella città e nelle campagne.
In tempi così fiacchi per la politica è indispensabile riconoscere i valori dell’arte [τέχνη] di governare la città [πόλις]. Il valore ideale del Buon Governo non è una cosa dei nostri giorni ma era già presente nella cultura italiana da molto tempo. Come obbiettivo della politica si trovava presente già nel diritto romano; nelle immagini ha un’importante rappresentazione è negli affreschi dipinti da Ambrogio e Pietro Lorenzetti e che sono nel Palazzo Pubblico di Siena.
Tra le opere più tarde del medioevo l’Allegoria e gli effetti del buono e del cattivo governo è la più importante rappresentazione pittorica per quel che riguarda la pittura civile infatti il ciclo, che è complesso e ricco di significati, nella sua lettura concentra una vera e propria lezione di Educazione Civica.
L’opera è stata commissionata ad Ambrogio Lorenzetti nel 1338 dal Governo dei Nove, i rappresentanti della borghesia guelfa di Siena che sono stati in carica dal 1287 fino al 1355. Per la cittadina cittadina toscana, questi sono gli anni in cui fiorirono i cantieri più importanti. Furono edificati il duomo e il palazzo pubblico. La città divenne rigogliosa e si rafforzarono le antiche mura di cinta. Sicuramente la spesa pubblica fu alle stelle e non mancarono contenziosi e malumori. Di sicuro la riflessione sul significato di amministrare la città fu intensa.
L’allegoria del Buon Governo

L’affresco principale, più complesso, è quello che è stato dipinto sulla parete di fronte alle finestre della sala. È l’Allegoria del Buon Governo.
La lettura inizia dalla figura in rosso sulla sinistra. É la Giustizia che tiene fermi i piatti della sua grande bilancia e che guarda in alto, ispirata dalla Sapienza Divina che sovraintende il giudizio e che materialmente tiene la bilancia dal suo manico. Sui piatti della bilancia ci sono due figure angelicate: a sinistra, la Giustizia Distributiva vestita di rosso che con la mano destra decapita il malfattore e con la sinistra incorona chi fa del bene; a destra, la Giustizia Commutativa vestita in bianco che consegna a un mercante lo staio, lo strumento per misurare il grano e il sale, e a un altro mercante porge la canna e il passetto, strumenti di misura lineare.
Questa prima parte mostra come la Giustizia sia la prima attrice del Buon Governo e a Siena è mossa dall’ispirazione di Dio che si manifesta nel punire i malfattori, premiare i giusti e garantire gli strumenti del lavoro.
Da ognuno dei piatti della bilancia della Giustizia fanno capo due corde che si uniscono – come se fosse un rebus – nelle mani della Concordia, messa sotto come se fosse il risultato di un’operazione matematica nel quale si sommano la Sapienza Divina e la Giustizia. La Concordia in più, sul grembo, tiene una pialla che, allo stesso modo dell’attrezzo del falegname, livella le disparità sociali. La concordia passa la corda della giustizia ai ventiquattro cittadini che rappresentano la varietà civile di Siena e a loro volta consegnano la corda al grande personaggio centrale che rappresenta il comune.
Sopra la Lupa con gemelli,c’è la seconda figura rilevante per dimensione dell’affresco. L’allegoria del Comune è rappresentato come un Monarca in trono; abbigliato con due fasce orizzontali, una bianca e l’altra nera, i colori della città; identificata dall’acronimo CSCV (Commune Senarum Civitas Virginis); in mano uno scettro e uno scudo sul quale è rappresentata la vergine con il bambino e due angeli; il copricapo di vaio lo identifica inoltre come giudice e polso destro ha legato la corda che viene della giustizia. Ai suoi piedi c’è la Lupa con i Gemelli, simbolo di Siena poiché anticamente la città fu fondata da Senio, il figlio di Remo che fuggiva da Roma.
Sopra al Comune, per ricordare che il governo è laico ma anche devoto a Dio, ci sono le tre Virtù Teologali; la Fede che porta la croce; la Carità che tiene in mano un cuore fiammeggiante; la Speranza che guarda il volto di Cristo che si affaccia dal cielo. Oltre che dall’aiuto divino il Buon Governo è affiancato anche dalle Virtù Cardinali che sono sedute due a destra e due a sinistra. Sono: la Fortezza che tiene nelle sue mani la spada e lo scudo; la Prudenza che ha una lampada a olio con tre fiammelle che rappresentano il passato, il presente e il futuro; la Magnanimità che regge in mano una corona e tiene in grembo un vassoio colmo di pietre preziose; e infine la Temperanza che mostra una clessidra. Sull’estrema destra la Giustizia è per la seconda volta rappresentata, in questo caso come virtù e conclude la cornice sul lato destro come un monito del fatto che il buon governo deve esistere nei limiti stessi della giustizia.
C’è una figura che è ultima in questo racconto ma è prima per importanza: è donna vestita di bianco al centro dell’affresco in una posa classica, come se fosse su un triclinio, la figura che si distingue tra tutte, è l’allegoria della Pace. La sua collocazione è al centro tra le due figure più grandi di questa scena come a dire che è il frutto del Governo amministrato con Giustizia.
L’allegoria del Cattivo Governo.

Di altro clima è l’allegoria che descrive il Cattivo Governo. L’impostazione trasfigura in negativo l’affresco del Buon Governo seduto con le sue virtù. Al centro, abbigliato come un demone, è la Tirannide.
Sopra il mostro malefico ci solo le virtù perverse. Sono i vizi: la prima è l’Avarizia che tiene un arpione e due borse serrate in una morsa; al centro la Superbia, con la spada e il giogo; infine la Vanagloria che si guarda vanitosa in uno specchio mentre tiene in mano una fronda di palma secca e avvizzita.
Accanto alla Tirannide, in contrapposizione con le virtù cardinali che circondavano il Comune del Buon Governo ci sono: la Crudeltà rappresentata come una donna che mostra un serpente a un bambino; il Tradimento, che tiene un braccio un agnello con la coda di scorpione; la Frode dipinta con le ali e i piedi artigliati; il Furore rappresentato come un centauro con la testa di cinghiale; la Divisione immortalato nell’atto di usare la sega e con la veste bianca e nera divisa in verticale fregiata in oro con scritte “Sì” e “No”; infine la Guerra rappresentata con un uomo che si ripara dietro a uno scudo mentre sguaina la spada.
Sotto la Tirannide c’è la Giustizia rappresentata per la terza volta, ma questa volta purtroppo è legata per i piedi e avvolta in un sudario. Accanto a lei le Vittime del Cattivo Governo, i cittadini senesi che subiscono le violenze degli ingiusti: due individui si contendono violentemente un neonato; altri due fuggono lasciandosi alle spalle un cadavere con le mani mozzate.
Gli effetti del Cattivo Governo nella campagna e nelle città.
Il senso dell’affresco è completo già nelle allegorie ma gli uomini del governo di Siena volevano circondarsi non solo con le virtù e i vizi che si incontrano nell’amministrare una città ma volevano anche un immagine per prefigurare le conseguenze del seguire l’una o l’altra strada.

Dal lato del Cattivo Governo il monito per chi segue la tirannia è grave poiché gli effetti possono diventare nefasti: la città è fatiscente, gli edifici crollano; ci sono gli assassini, i ladri e i malfattori che sottomettono il bene comune al loro fine.

La campagna è arida; all’orizzonte si apre la strada ad eserciti pronti a conquistare chi non sa essere cittadino. In cielo, sopra le mura della città, si aggira lo spettro della Paura che attraverso un cartiglio ammonisce:
«Per voler el ben proprio, in questa terra sommess’ è la giustizia a tirannia, unde per questa via non passa alcun senza dubbio di morte, che fuor si robba e dentro da le porte».
Gli effetti del Buon Governo nella campagna e nelle città.

Se tutto è fatto a regola seguendo le virtù del Buon Governo allora la città è ricca: si attivano le costruzioni; il commercio è fiorente; c’è l’istruzione dei giovani; le persone ballano in piazza e la vita è felice.

La campagna si fa rigogliosa e vitale: i campi sono coltivati; le persone percorrono i sentieri con i beni da mercanteggiare; in alto, a presiedere questi luoghi, è la Sicurezza che vola con in mano la figura di un malfattore impiccato e una pergamena che annuncia:
“Senza paura ogn’uom franco camini, e lavorando semini ciascuno, mentre che tal comuno manterrà questa donna in signoria, ch’el à levata a’ rei ogni balia“.
Una nota in coda.
Ora, per amor di racconto, ho scelto di invertire la narrazione di quest’ultimo passaggio e iniziare con la descrizione degli effetti del Cattivo Governo, per poi concludere con gli effetti del Buon Governo. C’è un motivo: un ciclo narrativo così bello, è davvero un peccato che finisca con l’amaro negli occhi; preferisco che si concluda nella bellezza perché la Bellezza è l’unico strumento che abbiamo per misurare come operano i Governi in ogni tempo.





