Quali suggestioni ci riporta Guerra Liberazione e Pace di Afro? Che cosa racchiude la sua tavolozza? Dove finisce il cubismo e inizia l’astrattismo? Queste sono le domande che ci faranno di conoscere l’arte dell’ultimo dei grandi artisti veneti.

Tecnica mista su compensato, 267 x 801 cm (dieci pannelli)
Archivio Afro
Molto spesso dimentichiamo che il concetto di astratto è una profonda riflessione sul colore e sulle forme e per comprendere appieno l’opera di Afro Basaldella e soprattutto Guerra ricostruzione e pace dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e andare a risvegliare l’anima di Tiziano, il pittore che per primo ha compreso quali fossero le grandi potenzialità della pittura a olio.
Per dirla semplicemente, nel cinquecento la pittura a olio veniva usata come una tempera, coprendo strato dopo strato la tela. Con Tiziano si comprende che il colore può essere velato, sovrapposto e può far ottenere alla pittura effetti luminosi davvero straordinari.
Con l’olio il colore si sovrappone, si creano delle tonalità fantastiche, degli effetti evanescenti e nebulosi. Si ferma l’atmosfera di un ambiente veneto continuamente cangiante. La cosa interessante è che queste suggestioni venete che vengono da un remoto passato, le troviamo nelle opere degli anni cinquanta di Afro Basaldella.
Afro è un artista che esordisce a sedici anni, giovanissimo con una pittura molto corposa. Già negli anni trenta abbraccia suggestioni che si spostano dalla metafisica al surrealismo e addirittura al cubismo. Però il suo grande stato di maturità lo trova nel dopoguerra quando inizia a realizzare delle opere in cui sperimenta il concetto di astratto.
Nel 1954 la Banca della Ricostruzione Industriale commissiona ad Afro Guerra ricostruzione pace. Un’opera che diventa significativa nella pittura di Basaldella perché riesce a mettere insieme tutte le suggestioni che hanno formato la sua carriera pittorica.
Guerra ricostruzione e pace è un fregio nel senso antico del termine. Un’immagine che rappresenta una sequenza importantissima ed eventi fondanti per uno stato per una nazione. Un fregio come quello del Partenone di Atene, in cui si raccontano le guerre che gli ateniesi hanno fatto contro i popoli invasori. Oppure come il fregio, interno del Partenone, che raccontava le celebrazioni alla dea Atena. Insomma un racconto sequenziale che per le sue dimensioni di un rettangolo allungato ci fa riemergere il senso della sacralità.
Se guardiamo attentamente il quadro ci sembra di intravedere delle figure ma queste figure sono letteralmente scomposte, una rimodulazione dell’immagine neocubista. Una scomposizione che lentamente ci fa perdere aderenza con la figura. Ne intuiamo qualcosa, ci sembra sulla sinistra di vedere figure che stanno soccombendo nella guerra, sdraiate. Al centro sotto una sagoma che può ricordare quella di un aeroplano o di una bomba, ci sono dei personaggi che sembrano ruotare intorno a un tavolino. Sempre verso il centro appare velata una sagoma che può essere quella di una ciminiera. All’estrema destra e forme si fanno sempre più libere e anche più armoniose.
Nell’opera di Basaldella il cubismo si sposta verso l’astrattismo e quindi non è più necessario andare a cercare dei soggetti ma goderci letteralmente la bellezza della pittura. Per sostenere questo c’è quello che scrive Lionello Venturi nel 1954, nei suoi Commentari :
Ciò che [Afro] ha scoperto nel 1948 e il suo stile personale che meglio risponde alla natura. La sua forma astratta e il suo motivo è presentato anziché rappresentato. Ciò non toglie che le sue linee le sue forme abbiano una propria vitalità di strutture di moto. Lo spazio non è rappresentato ma esiste come partecipazione all’immagine. Ora lo si direbbe capace di creare l’immagine, ora ne ha invece creato.
In questo emerge l’artista veneto che trova il legame con la sua storia tradizionale proprio nel gioco di velature che lo riconducono a Tiziano. I colori utilizzati, rosso, ocra, nero e bianco, sono le tinte della storia. Quella di una pittura che ha compreso che il colore è il legame più diretto con l’antico. Non vediamo tinte acide della modernità, prodotte da una matrice industriale, ma vediamo i colori che potevano occupare gli spazi di una tavolozza cinquecentesca.
Potremmo dire che Afro in questa opera ci sta mostrando come sarebbe stata la pittura di Tiziano se non avesse avuto il vincolo dell’immagine. Però non scordiamo una cosa importante: Guerra ricostruzione e pace non è un’opera di un Tiziano mancato ma è uno dei punti più alti di una ricerca estenuante portata avanti da un artista come Afro, una ricerca nel mondo del colore, che ha una propria autonomia e solidità e che rende Afro il più giovane e il più brillante dei maestri veneti.
Per la realizzazione di questa puntata sono lieto di ringraziare la Fondazione Archivio Afro; la disponibilità del dott. Marco Mattioli, Segretario Generale della fondazione; la dot.ssa Mara Righini che ha dedicato il suo tempo allo scambio di email che hanno permesso la riuscita di questo podcast.
Per vedere le altre opere di Afro Basaldella e conoscere le attività della fondazione potete visitare il sito afrobasaldella.org
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