La tragedia di Marsia

Marsia era un sileno che viveva nella regione della Frigia, in Anatolia. La sua tragedia è legata a uno strumento musicale chamato oulos, un flauto a doppia canna inventato dalla dea Atena per riprodurre il lamento lanciato dalle Gorgoni quando Perseo decapitò Medusa. Accadde però che la dea della Sapienza si accorse che mentre suonava l’oulos le altre dee dell’Olimpo ridevano di lei perché il soffiare, gonfiando le guance, le deformava il viso. Atena, stizzita buttò via lo strumento proprio in Frigia, sulle rive del fiume Meandro, mentre passava di lì Marsia.

Mirone, Atena e Marsia, 450 a.C. circa
Mirone, Atena e Marsia, 450 a.C. circa Marmo (copia dal bronzo), 149 e 156 cm Musei Vaticani, Roma

Marsia vide l’oulos e tentò di prendere lo strumento guadagnandosi il disprezzo della dea che lo percosse anche se non riuscì a farlo desistere. Il silenzi si mise al coperto e aspettò che la dea se ne fosse andata per impadronirsi di quel meraviglioso oggetto. Lui, già brutto di suo, non si fece problemi di deformità e cominciò a suonare così bene che chiunque lo ascoltava diceva che la sua musica e il suo talento erano almeno quanto, se non migliori, del dio del sole Apollo, che oltretutto era anche il dio della musica.

Nella Grecia del mito appena qualcuno era paragonato a un dio, veniva visto da subito in malo modo nell’Olimpo. Le cose poi non miglioravano se il “virtuoso” non fermava le voci o faceva peggio, come godere degli applausi. Questo malcostume era detto hybris (ὕβϱις) cioè il peccato di tracotanza, di superbia. Così arrivò puntuale la vendetta di Apollo il quale sfidò Marsia a  duello per decretare a chi dovesse essere assegnato il primato nella musica.

Ad arbitrare la contesa furono chiamate le muse che erano dalla parte del dio; per il sileno fu scelto il re che governava il territorio di Frigia, il re Mida, proprio quello che trasformava in oro tutto quel che toccava.

I due iniziarono a suonare uno dopo l’altro alternandosi ognuno col suo strumento. Marsia l’oulos e Apollo la lira. Erano di volta in volta uno più bravo del precedente. Le loro musiche furono una guerra epocale non solo tra il sacro e il profano, tra il dio e il demonio, ma anche tra gli strumenti “puri” perché usavano la proporzione delle corde suonate col tocco della mano e gli strumenti “impuri” che attingevano il suono dalle profondità delle viscere.

Chi si trovò ad assistere rimase estasiato. I giudici non sapevano chi dei due favorire tanto erano bravi i contendenti. Apollo, all’ultimo, fece la mossa furba e vincente: suonò lo strumento al contrario incitando l’avversario a fare la stessa cosa. Con la lira, che è uno strumento a corde si può fare; suonare il flauto aspirando l’aria dal fondo, no. Forse qualche abitante dell’Olimpo avrebbe potuto farlo, ma Marsia, che non era un dio, fu sconfitto trovando il sostegno a suo favore del solo voto compassionevole di re Mida.

Il re di Frigia fu ammonito da Apollo e gli spuntarono due orecchie di asino. Il peggio l’ebbe il sileno. Marsia fu attaccato a un albero e scorticato vivo dalle mani impietose del dio.

Lo piansero tutti i fauni, gli dei del bosco, i satiri, Olimpo, le ninfe e tutti i pastori. Nella metamorfosi Marsia divenne un fiume che porta ancora il suo nome ed è affluente del Meandro.

Tiziano Vecellio, Punizione di Marsia, 1570 – 1576
Tiziano Vecellio, Punizione di Marsia, 1570 – 1576 Olio su tela, 212×207 cm Museo Arcivescovile, Kroměříž

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